La Calabria resta la maglia nera per crescita a livello nazionale: i dati, con un Pil pari al 2% del Paese, parlano chiaro. E se nel 2016 il prodotto interno lordo della regione ha di poco superato lo zero, della stessa entità dovrebbe essere il risultato 2017. Male anche l’export con lo 0,1% del totale nazionale (percentuali più elevate, pari a 0,4/0,5%, solo nel comparto agricolo e nell’industria di trasformazione).

Un ruolo importante lo riveste la filiera agroalimentare, grazie all’area di Sibari che negli anni ha saputo crescere con forti dosi d’innovazione. In assoluto l’incremento dell’export più rilevante lo ha fatto segnare l’industria farmaceutica, seguita dai mezzi trasporto e dai metalli; in forte calo invece la meccanica e gli apparecchi elettrici. Come se non bastasse – insieme a Basilicata e Puglia – la Calabria ha le retribuzioni orarie più basse e la disoccupazione più alta in Italia, con conseguenti ripercussioni sui consumi. Inevitabile, anche nel 2016, la contrazione di prestiti e investimenti.

Conferma un andazzo che si trascina da sempre lo scenario economico tratteggiato dall’ottava edizione del “Report sui mancati pagamenti delle imprese italiane” condotto dalla società “Euler Hermes” del gruppo Allianz presentato nei giorni scorsi. Un’analisi condotta su ogni singola regione, provincia per provincia, comprensiva di approfondimenti per i diversi settori merceologiche. Ne viene fuori una “fotografia” incontestabile della salute dell’economia del Paese, compresa la Calabria, scattata sulla base del monitoraggio giornaliero dei pagamenti di oltre 450mila imprese.

A livello nazionale, i giorni d’incasso per un credito rimangono elevati nonostante, nel 2016, siano diminuiti di 48 ore, attestandosi a 86 giorni; a livello europeo solo la Grecia fa peggio. L’ammontare totale dei debiti scaduti è diminuito del 25% e il valore medio di un mancato pagamento nel 2016 è diminuito del 13% sul mercato domestico arrivando a quota 14mila euro, mentre sul mercato estero aumenta dell’8% toccando il livello di 23mila euro. E ancora le insolvenze aziendali sono calate del 9% nel 2016 con 13mila 500 casi, ancora il doppio rispetto ai livelli pre-crisi (nel 2017 atteso un ulteriore calo del 5%).

In Calabria il trend dei mancati pagamenti (dati sempre relativi al 2016) assume un andamento diversificato; aumenta il numero degli incagli (+16%) mentre si riduce la severità degli importi (-13%); ciò a fronte di un rilevamento nazionale che indica sia frequenza (-6%) che severità (-13%) in contrazione rispetto al 2015. Reggio è l’unica provincia che registra entrambi gli indicatori degli insoluti in deciso aumento.

Agroalimentare e commercio spingono verso l’alto gli indicatori, mentre qualche segnale di attenuazione del fenomeno arriva dal comparto chimico. Nel cosentino rimangono stabili agroalimentare e abbigliamento mentre migliora la chimica. A Catanzaro gli insoluti restano su livelli elevati nei servizi, nell’agroalimentare e nei servizi, mentre rallentano nell’edilizia. Nel crotonese si attenuano i debiti non onorati nell’agroalimentare e nella meccanica.

Complessivamente, la Calabria è tra le regioni che detengono il tasso di fallimenti meno elevato sul totale delle imprese (1,4 procedure aperte ogni mille imprese). Rimane ancora molto elevato, però, lo stock di sofferenze.

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